A sessant’anni di distanza, il nostro paese si ritrova immerso in un incubo: vivere il campionato del Mondo di calcio da spettatore e non da protagonista. La Svezia fa, curiosamente, da filo conduttore: oggi ci ha eliminato, allora ospitò un Mondiale elettrizzante e spettacolare, che vide le gesta di Pelé, Garrincha e di un Brasile assurto finalmente alla gloria del calcio dopo la “tragedia del Maracanã” di otto anni prima. Analogie, ricordi, narrazioni del tempo passato che spingono a varie riflessioni. Com’era il Brasile, com’era il mondo, com’era l’Italia e com’era il calcio dell’epoca? Tra speranze di pace e conservatorismo politico, bossa nova brasiliana e l’immortale “Volare” di Modugno, boom economico nascente e tensioni da guerra fredda, conquiste spaziali e rock and roll, questo testo è l’occasione per focalizzare l’attenzione su “un anno decisivo” come si disse allora. Con il calcio che funge da più che un pretesto per leggere dinamiche sociali, eroi, fatti antichi e nuovi della nostra vita.
Prefazione di Darwin Pastorin
Bruno Barba è ricercatore di Antropologia del Dipartimento di Scienze Politiche – Scuola di Scienze Sociali – dell’Università di Genova. Studia da più di vent’anni il meticciato culturale e il sincretismo religioso del Brasile. L’altra sua area di ricerca è il calcio e i suoi significati antropologici. Tra le sue pubblicazioni Bahia, la Roma negra di Jorge Amado (Unicopli 2004); Un antropologo nel pallone (Meltemi, 2007); La voce degli dei. Il Brasile, il candomblé e la sua magia (cisu 2010); La trentatreesima squadra. Il sogno del mondiale con 23 giocatori da sogno (effequ, 2010); Dio Negro, mondo meticcio (Seid 2013); No Paìs do futebol: il calcio torna a casa (effequ, 2014); Meticcio (effequ 2015); Calciologia. Per un’antropologia del football (Mimesis 2016), Rio de Janeiro. Ritratto di una città (Odoya, 2015); San Paolo, ritratto di una città (Odoya, 2017).
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